L’argomento di questo piccolo scritto rigurda il fenomeno delle “baby gang“. I mezzi di comunicazione, a getto continuo, danno sempre più risalto a fatti di cronoca, che ci raccontano episodi di violenza, che hanno come protagonisti minorenni.
Il bene in prima pagina non attrae, le buone notizie non colpiscono l’opinione pubblica. Solo gli eventi negativi hanno diritto di cronaca. La cosa che più sorprende è che questi episodi di violenza si verificano non più solo in contesti svantaggiati o in ragazzi con profili psicosociali a rischio, ma anche in adolescenti “normali” nel senso che provengono da “buone famiglie”.
Quello delle baby gang sta diventando un fenomeno trasversale, nel senso che può manifestarsi in qualunque area territoriale. Inoltre, si è abbassata notevolmente l’età in cui si commettono crimini. In più c’è da dire, che non è solo un fenomeno che riguarda la realtà maschile, ma anche femminile (Muratori , 2005).
Il più delle volte, il linguaggio utilizzato per raccontare questi episodi di violenza, mettono più l’accento sul pericolo, mentre trascurano il disagio sotteso a questi comportamenti. In altri termini, i messaggi immediati, che provengono dai mezzi di informazione sono mirati più a colpire l’attenzione dell’ascoltatore o del lettore, per suscitare allarme, paura e l’esigenza di una maggiore repressione. Mentre sarebbe preferibile una maggiore comprensione psicologica del fenomeno o delle strategie di prevenzione per arginarne l’insorgenza.
E’ fondamentale comunque evidenziare questi fenomeni allo scopo di analizzare e elaborare , cercando di capire su cosa fare per mettere appunto strategie educative per prevenirli.
I Comportamenti aggressivi e la tendenza al rischio sono molto frequenti durante l’adolescenza. Questi comportamenti contribuiscono a differenziarsi dagli adulti per strutturare la propria identità e rivendicare la propria autonomia. Fanno parte dell’esigenza dell’adolescente di mettersi alla prova, sperimentare nuovi valori e rompere le regole imposte dalla famiglia e dalla società.
I media non sempre fanno un uso corretto del termine baby gang, il più delle volte è utilizzato in modo inappropriato, per indicare fenomeni diversi tra loro e per riferirsi a gruppi fortemente eterogenei. Sempre più spesso si fa ricorso a questo termine per identificare qualsiasi situazione in cui i giovani e comportamenti antisociali si intrecciano.
La valutazione dei comportamenti trasgressivi in adolescenza è estremamente complessa, perché riguarda comportamenti che oscillano tra l’espressione di un fisiologico desiderio di crescita e l’espressione di un disagio individuale familiare e sociale.
L’effetto Branco
I membri delle gang agendo insieme si rendono capaci di comportamenti devianti spinti dall’effetto branco, che annulla il senso di responsabilità individuale. Bandura a tale proposito utilizza il costrutto di “disimpegno morale” per sottolineare il fatto che il singolo, quando agisce in branco non si percepisce responsabile dell’azione commessa, spostando sugli altri la responsabilità dell’azione commessa.
Quando si agisce in gruppo, anche il più tranquillo degli agnellini può assumere le sembianze di una bestia feroce “Effetto Lucifero“. Viene a mancare la presa di coscienza delle conseguenze del commettere reati, che in alcuni casi gli segneranno per sempre, infatti, se ne renderanno conto solo successivamente.
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