Danno da morte

Lug 24, 2016

Danno da morte

Il danno da morte rientra nella categoria del danno psichico e si delinea come la lesione del diritto alla salute psichica subito dagli stretti congiunti, in conseguenza della morte di un familiare per un fatto illecito altrui.

Stretti congiunti sono il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli e le sorelle. Al coniuge è equiparato il convivente di fatto, unito da stabile comunione morale e materiale con la vittima, purché ne fornisca relativa prova.

Il lutto dunque può essere il punto di partenza di un danno che si realizza a livello psichico. «Può» non equivale a «deve», pertanto occorre stabilire caso per caso se, un determinato individuo, ha sviluppato o meno i sintomi del lutto patologico o complicato.

Il giudice può avvalersi dell’ausilio del CTU per accertare l’esistenza e la gravità del danno psichico: esso deve, in pratica, distinguere tra le reazioni da lutto che si collocano nella norma dai casi in cui il lutto dà luogo a vere e proprie alterazioni patologiche, per le quali si può richiedere un risarcimento economico.

Il danno psichico in seguito alla morte di un congiunto si configura nel momento in cui il soggetto fallisce il proprio processo interiore di elaborazione della perdita, in qualche modo «patologizzando» il normale processo che caratterizza il lutto.

Il danno da morte si manifesta come modifica peggiorativa della personalità da cui consegue uno sconvolgimento dell’esistenza tale da comportare o indurre a scelte di vita diverse da quelle abitudinali.

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