Dismorfofobia
L’insoddisfazione del proprio aspetto fisico
Dismorfofobia è un termine che deriva dal greco dismorfia e letteralmente significa: bruttezza, deformità del volto. Questo disagio mentale è stato descritto per la prima volta nel 1886, da un medico italiano, Enrico Morselli.
Che cos’è la dismorfofobia?
E’ un quadro clinico caratterizzato dall’attenzione eccessiva a controllare la propria immagine corporea, tanto da dedicarle buona parte della giornata. La dismorfofobia consiste nell’essere eccessivamente preoccupati e tormentati per un aspetto del proprio corpo.
Le zone del corpo più di frequenti oggetto di preoccupazione sono la pelle, i capelli, il naso e così via. Oppure si può essere preoccupati per il loro aspetto complessivo, per esempio, percepire il proprio corpo troppo piccolo o non adeguatamente muscoloso. L’intera esistenza di una persona è dominata da questa preoccupazione, nient’altro ha più significato.
Questa preoccupazione può verificarsi anche negli adulti, ma sono gli adolescenti quelli che più ne soffrono. Anche se nessun altro vede nel loro corpo qualcosa che non va, loro sono convinti che ci sia. Le conseguenze che ne derivano variano dall’evitare gli altri al sottoporsi a interventi chirurgici non necessari, fino a tentativi di suicidio.
L’insorgenza della dismorfofobia avviene generalmente nell’adolescenza. Il più delle volte è un disagio passeggero, altre volte si estende fino all’età adulta. Ciò non deve sorprendere visto che questa età è una fase della vita in cui avviene un profondo cambiamento del corpo a cui si associa la disperata ricerca e il consolidamento della propria identità personale.
L’adolescenza età di grandi cambiamenti e crisi che può essere vissuta con disagio proprio per quanto riguarda la valutazione del corpo e può portare a idee del tutto distorte e patologiche.
In una cultura dell’apparire, una fase esistenziale così delicata come l’adolescenza, trova terreno fertile per lo sviluppo della dismorfofobia. L’essere bombardati continuamente da immagini e modelli ideali non raggiungibili è una variabile che favorisce l’insoddisfazione corporea.
Perché in alcuni casi è bene non correggere quello che pensiamo possa essere un difetto fisico? Perché dietro questa volontà potrebbe nascondersi una dinamica, che va oltre il difetto estetico, che si vuole correggere.
Solitamente le persone con una dismorfofobia non si rivolgono a una terapia psicologica. Queste persone il più delle volte sono convinte, che il loro sia un problema estetico e non di errata percezione di se stesse.
Nella dismorfofobia la persona si fissa su una parte del proprio aspetto fisico, visto come qualcosa da correggere. Questa imperfezione il più delle volte, anche se è oggettivamente poco importante o non osservabile, determina forte disagio e una sofferenza, tale da limitare sia i rapporti sociali che lavorativi.
Viene a mancare una visione di insieme. Questo porta a concentrarsi di volta in volta su un particolare: gli occhi che possono essere troppo piccoli o troppo vicini tra loro, la fronte troppo alta o troppo bassa, il naso troppo grande, aquilino o storto, l’addome poco piatto, i fianchi eccessivamente generosi, le caviglie troppo grosse, le braccia poco toniche. Si potrebbe continuare all’infinito: perché illimitati possono essere i difetti che si possono trovare.
Il corpo è percepito come qualcosa di sbagliato, che non corrisponde a quello che si vorrebbe. Poco importa che nel complesso i difetti che si vedono si accordano tra loro.
La dismorfofobia rientra tra le alterazioni dell’immagine corporea ed è naturalmente molto influenzata dall’ambiente, dai costumi, dalla moda del momento che propone modelli che hanno volti e forme di modelle, attrici o sportivi.
L’età in cui questa problematica fa più frequentemente capolino è quella della pubertà e della tarda adolescenza. Infatti, è proprio in queste fasi della vita, che vi è un profondo mutamento del corpo e l’affannosa ricerca di una propria identità personale.
La convinzione che raggiungendo un’immagine ideale si possa conquistare l’affetto, l’attenzione da parte degli altri, il successo, la felicità può portare facilmente a rivolgersi a un chirurgo estetico più che a un terapeuta. Saltando la vera la causa della sofferenza, si trasferisce nel corpo una sofferenza che ha altre origini: la sfera emotiva.
Infatti, il più delle volte il risultato finale è una profonda delusione, perché il tanto traguardo della felicità non lo si raggiunge neanche dopo aver corretto il presunto difetto.
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